Palazzo Canale
Tra i beni storico – culturali di Amaroni, oltre alla Chiesa Matrice di Santa Barbara, “ Palazzo Canale” costruito dal principe De Gregorio nel 1666.
L’edificio fu ereditato dalla famiglia Canale, che lo abitò fino al 1905.
Annota il prof. Mario Truglia: “ occupa una superficie di 760 mq; misura in lunghezza 38 m e in larghezza 20 m. Al piano terra sul lato nord ovest insistono cinque ampi magazzini; al primo piano tre stanze sul lato nord, detto “scivolata”, e tre stanze sul lato ovest.Il secondo piano si compone di dieci stanze. Il pavimento di alcune di esse è in cemento liscio, con disegni incisi raffiguranti quadrati e rettangoli; quello delle altre stanze è in mattoni di terracotta. Il soffitto è pitturato con sfondo bianco e nel centro sono disegnate figure di donne dell’epoca. I balconi sono in ferro battuto. Il cornicione è in pietra e lo stemma posto all’entrata dell’edificio raffigura un tulipano”, il fiore preferito dalle famiglie nobili.
Il palazzo poggia sulla roccia e non ha fondamenta; il tetto è di tegole, in stile antico, mentre il cornicione è in pietra intagliata a zig zag.
Le porte erano di legno di castagno, realizzate da mano d’opera amaronese, pitturate in colore nero e raffiguranti gendarmi in stato di guerra.
Dopo anni di abbandono è stato acquisito al patrimonio comunale e ristrutturato, divenendo sede Municipale.
A Palazzo Canale è stato annesso “Palazzo Cancelliere” attraverso la realizzazione di una passerella di collegamento sospesa; ospita alcuni uffici comunali e la sala consiliare, inaugurata il 28 luglio 2002, dove è possibile ammirare il “polittico” di sei tavole raffiguranti la vita e il martirio di Santa Barbara, protettrice di Amaroni, realizzato dal maestro Giuseppe Rocca.
Abbatie e chiese in Amaroni
Nel territorio di Amaroni si trovano i resti di alcune abbazie, edificate dai Basiliani, monaci orientali che s’ispiravano alla regola di San Basilio, arcivescovo di Cappadocia, che ebbero grande influenza anche in occidente tra il V e VI secolo d.C. Osservanti la regola di San Benedetto “ora et labora”, si dedicavano alla preghiera, alla coltivazione dei campi, all’allevamento de bestiame, alle attività artigianali, riuscendo a garantire all’“abbatia”, ossia il luogo in cui vivevano, l’autosufficienza economica.
Di seguito alcune “abbatie” di Amaroni.
Badia di San Luca
Certamente era stata costruita fuori dall’attuale centro abitato, nella località che ancora oggi è denominata San Luca, che si estende verso l’entroterra montano dell’area naturalistica “Serra”. L’esistenza della costruzione è testimoniata da volume n. 3149 di Domenico Vendola Rationes Decimarum Italie nei secoli XII e XIV, Città del Vaticano 1939, nel quale si riporta che alla data del 1310 la Badia di S. Luca, ha pagato “ tarì 5”, “ grani 5”, quali decime al Vaticano.
Santa Maria De Buttade
Di questa costruzione esiste ancora il toponimo; la popolazione anziana di Amaroni ha memoria diretta e indiretta del luogo dove esistevano i ruderi della Chiesa, al confine con il territorio di Girifalco, sulla parte sinistra dell’ex SS. 181, all’altezza di dove oggi sorge l’agriturismo “ Arcobaleno”.
Santa Maria De Plano ( Prato)
Secondo Il prof. Mario Truglia, sorgeva presso la contrada “S. Maria a Sacchetta”, lungo la strada “Fontana Divina”. Lo stesso Truglia riferisce di aver rinvenuto da ragazzo, insieme a alcuni contadini, resti umani e pietre sepolcrali.
Abbatia di San Nicola delle Magliole – San Luca
L’ Abbatia di S. Nicola delle Magliole (di Vittorito), dell’ordine di San Basilio. era situata sull’altura del Vioterito (Bioterito – Viteorito – vitaritu). Qui trascorse gli ultimi anni di vita Luca di Melicuccà (morto presumibilmente ad Amaroni nel 1114), un monaco basiliano già ordinato vescovo di Isola per il tipo di vita condotta e gli insegnamenti dispensati. E’ Venerato Santo dalla Chiesa Cattolica per i numerosi miracoli compiuti in terra calabrese: la pesca miracolosa (Sibari), il campagnolo spergiuro, la casa liberata dal demonio, il lupo di Squillace, la pioggia benefica MADONNA DEL FARO, l’idropico di Seminara, il monaco di Placa, il miscredente di Galliano. Dell’ Abbatia e della morte di S. Luca, molto hanno scritto due insigni studiosi SCHIRO’ e PARISI. Domenico Martire, sacerdote cosentino, in CALABRIA SACRA E PROFANA - 1877- riporta: <<quale sia detto monastero e quale monte non posso capirlo, sarà stato o verso il suo paese o verso le parti della città ove fu Vescovo. Tra le sei Badie che l’Ughelli vi numera una è quella di S. NICOLA DE’ MIGLIOTA (MIGLIOLE), la quale fu monastero dei Basiliani e ritrovasi anche in quella campagna, un campo detto fiorito (fjuredha)>>.
Dagli scritti emerge l’esistenza dell’ABBATIA dell’ORDINE DI SAN BASILIO intitolata a S. NICOLA, cui va aggiunto l’appellativo “delle MAGLIOLE”, proprio nel territorio di Amaroni. precisamente lungo l’ex Statale 181 per Girifalco. Alla sinistra del viaggiatore, all’altezza del ponte del fiume Ferrera, sono visibili i resti di una costruzione imponente: in alto esiste ancora la chiesa annessa che, secondo credenza, è stata costruita per volere di San Luca, che qui scelse di morire. Nei pressi sorge un campo, detto FIORITO ( FJUREDHA). Sulla Chiesa esiste adeguata documentazione.
A circa un Km. da dove sorgeva l’abbazia di San Nicola delle Magliolie, ai piedi di “Majiurizzuni”, sul lato destro, esiste un’altra località, dove sono visibili alcuni ruderi, denominata SAN NICOLA il Vecchio; qui è stato rinvenuto anni addietro un sarcofago in pietra. Si pensa che qui ci fosse il cimitero dell’antica Majiurizzuni.
La Chiesa Matrice di Santa Barbara
I primi atti sull’edificazione della Chiesa di Amaroni risalgono al 1793 e sono depositati presso l’Archivio di Stato di Catanzaro; si tratta prevalentemente di lettere indirizzate alla Giunta di Catanzaro per chiedere i fondi necessari alla ricostruzione della Chiesa Matrice, distrutta dal terremoto del 28 marzo 1783. La prima lettera risale a ben sei anni dopo la distruzione, esattamente al 6 giugno 1789, periodo in cui per consentire alla popolazione di praticare il culto fu costruita una baracca di legno sulle macerie dell’edificio religioso, grazie agli amaronesi che non potendo contribuire con denaro misero a disposizione manodopera, attrezzi e materiale. Furono gli stessi cittadini a iniziare l’opera di ricostruzione della Chiesa, seguendo un progetto che loro stessi acquistarono; nel frattempo la popolazione sollecitò più volte l’intervento dell’ing. Claudio Rocchi che giunse ad Amaroni nell’ottobre del 1790. In un documento a firma dell’allora sindaco di Amaroni, Vito Muzzì, del notaio Nicola Muzzì e dell’economo Fra Tommaso D’ Amarone sono riportate le spese iniziali sostenute per la ricostruzione.
In una lettera del 1791 s’informa la Giunta di Catanzaro che la porta centrale, le porte piccole e il frontespizio sono stati intagliati dai Mastri Laurenzio e Nunzio di Serra.
La chiesa fu consacrata al culto dal Vescovo di Squillace; i suoi affreschi portano la firma dei pittori Zimatore e Grillo, famosi artisti di Pizzo Calabro. Le immagini della volta rappresentano il Battesimo di Gesù, S. Cecilia al piano, il sacrificio di Abramo, la Sacra Famiglia, S. Antonio, S. Barbara, S. Paolo e S. Pietro.Il tempio misura 28 metri in lunghezza, 22 in larghezza e 19 in altezza; la pianta ha forma rettangolare ed è divisa in tre navate. Alla chiesa si accede grazie ad una scalinata. Sul lato sinistro ci sono 39 colonne che funzionano da parapetto e portano alla navata laterale sinistra. Il portone centrale dà sulla piazza antistante ed è incorniciato da colonne in pietra scolpita.La facciata in intonaco liscio vede posto, a un’altezza di 14 metri, un cornicione in pietra. In alto è posta l’effigie di S. Barbara in terracotta, collocata in una nicchia; sul lato destro troviamo la porta laterale da cui si accede alla navata; la porta è molto semplice, con piccole decorazioni e intagli. Alzando gli occhi si può osservare il quadrante dell’orologio, posto alla base della cuspide del campanile. Le due campane dell’orologio sono collocate sulla parte superiore; le ore sono scandite da due martelli dotati di meccanismi elettronici, per opera di Giuseppe Muzzì. Le tre grosse campane principali sono poste a ovest, nord e sud, sotto gli archi, sovrastate dal maestoso campanile a forma di cupola, alto 24 metri. All’interno, la Navata centrale è divisa in tre parti da due muri; il soffitto è a volta, il pavimento è in graniglia. Il pulpito, chiamato “ambone”, in legno di noce, intagliato dall’artista amaronese Giovanni Versace, è posto a sinistra; la forma è esagonale e gli intagli raffigurano la torre di S. Barbara. Sopra è collocato il leggio, rigorosamente in legno.
Al centro della chiesa è collocato il dominante Altare a forma di mensa retto, da due lastroni di marmo; poco distante il più imponente altare in pregiato marmo con ai lati testine di Angeli e al centro il Tabernacolo, chiuso da una porta in oro, lavorato a mano.
In alto domina maestosa l’effige di S. Barbara, protettrice della Chiesa e della Comunità amaronese; opera splendida di cui si ignorano sia l’autore e la data di realizzazione.
La chiesa Matrice e Santa Barbara rappresentano per tutta la popolazione amaronese un legame religioso e sociale fondamentale.